Nono simposio svizzero per traduttrici e traduttori letterari: traduttori alla ribalta! Sabato 18 novembre 2017 – JULL Junges Literaturlabor, Zurigo

Accorsero in molti a quella tenzone, da Losanna, da Berna e fin da Bellinzona; dalla Germania taluni, altri ancor dalla Francia, da Mosca, Zurigo, Ginevra, Parigi, Lugano, Basilea e non da ultimo nientemeno che dalle Sciernes d’Albeuve.

Ci accoglie in entrata Johanna Lier che presenta lo JULL, confortevoli spazi per chi scrive e per chi lettere e lettura promuove. Martina ci delizia con dolci e caffè. A invogliarci a lavorare in un sì bell’ambiente è Ruth Schweikert che quivi con piacere si ispira. E se noi le oratrici distintamente oggi udiamo, lo dobbiamo di certo al discreto Noah, che sta alla consolle con diligenza appostato.

Jacqueline Aerne a sua volta saluta gli astanti ed elogia entusiasta alloggiamento e accoglienza. Ringrazia di cuore chi tanto si adopra per la traduzione: il CTL e Pro Helvetia e il convitto di Looren. Poscia espone a tutti l’odierno menù. A chi traduce andrà oggi la parte del leone: apprenderà come ottenere più ascolto e presenza. Non più tacere o parlar senza voce: facciamole esprimere, queste traduzioni! Ma a fine giornata muterà l’attenzione: si osserverà da vicino traduttrice e poeta.

A Nicole Pfister Fetz va ora la parola per un’occhiata retrospettiva sull’operosità di questa grandiosa unione di autrici e traduttori, autori e traduttrici di tutta la Svizzera: uno sguardo in gastronomico stile per agevolare l’assimilazione del suo resoconto. Al copioso menù hanno concorso in parecchi: il Centro di Traduzioni letterarie dell’università losannese con speciali programmi di formazione e di master, un laboratorio centrato sulle lingue d’arrivo, una ventina di eventi, alcuni in patria e altri all’estero e le pubblicazioni, tra le quali i graditi e stimati Cahiers – l’ultimogenito precisamente dedicato al puro atto creativo della traduzione – e infine una felice interazione con Le Courrier di Ginevra e la seconda antenna di radio Sottens; poco fuori Zurigo il convitto di Looren gestisce molteplici attività, fra cui l’apprezzato Laboratorio italiano, nell’austera terra bregagliotta arroccato, delle giovanili lettere Looren promuove la traduzione, esercita per giunta nell’arabico campo, e finanche appresta mostre per il pubblico amatore (è una semplice sintesi della sua vasta offerta); Pro Helvetia s’impegna a valorizzar chi traduce, rafforza la comunicazione tra tutti gli attori e generosa prodiga un sostegno massiccio – quest’anno in gran parte all’insegna della lingua francese. A incitar chi traduce a comunicare di più partecipa anche il mensile Stamm, nell’Elvezia francofona, come pure il Caffè per giovani traduttori in territorio alemanno. Non si scordi Soletta e i Traduttori di vetro, l’incontro 4+1 e la bellinzonese Babel. E poiché la traduzione va assimilata da giovani, nelle aule scolastiche ci si recherà freschi e in forma, che a tal scopo l’AdS divulga perfino un opuscolo. Ma qui tutti san che tradurre non è atto gratuito, così l’anno passato Pro Helvetia elevò il guiderdone e l’AdS di continuo lottò come sempre per equi onorari.



Lo scorso anno in somma si può dir che fu buono, qualcosa si ottenne ma rimane da fare.

Annette Kopetzski, docente in passato nel vicin Bel Paese e oramai come molti libera traduttrice, istruì l’assemblea con una lezione nutrita, di cui qui non vi scrivo, ché avete il testo completo*: l’originale tedesco, in italiano tradotto da Marina Pugliano e in versione francese da Christian Viredaz – di cuore siano ringraziati per sì brillante opera.

Alla conferenza segue un dialogo a tre, ovvero un trialogo. Irene Weber Henking, del CTL di Losanna, con due interlocutori: Claudia Steinitz della rinomata Weltlesebühne, traduttrice da francese e italiano alla lingua di Goethe, che vive a Amburgo, e Jörn Cambreleng, direttore di ATLAS, passato dal teatro alla traduzione e venuto da Arles appositamente per quest’incontro. Per entrambi e per Irene, l’apparire in pubblico, come l’arte del tradurre, non ha ormai più segreti. Non si riduca il traduttore a un banal subalterno che funge da interprete durante un colloquio. Non ci si limiti a presentare l’autore sul palco. Il trio è unanime su ogni punto di vista: chi traduce presenta se stesso e la propria opera. Codesto è uno degli intenti della Weltlesebühne, che solo traduttori suol mettere in scena, come pure dell’ATLAS che in qualsiasi convegno alla traduzione conferisce più spazio. E altre iniziative sono ormai bene oliate: les Croissants buissonniers e les Croissants littéraires, le Jukebox littéraire, per dirvene alcuni. Ma si badi a non cadere, mettendole in scena, nel subdolo risico di cabarettizzare le lettere e le lor traduzioni.

La mattinata avendo nutrito la mente è ormai giunto il momento di alimentare anche il corpo grazie alle squisite leccornie di cui di nuovo ci delizia Martina.

E avendo nel pomeriggio ormai ripreso vigore, si passa decisi alla fase più attiva: ben quattro laboratori, per affinità linguistica, per acquisire competenze di presentazione. Animati in tedesco sono i primi due, l’uno da Ursina Greuel e da Sibylle Burkart l’altro, un terzo in francese con Jörn Cambreleng e in italiano il quarto, da Pierre Lepori guidato.

Chi conosce lo scrittore e giornalista Pierre, traduttore e regista, sa che alla pubblica lettura costui è addestrato e che al servizio di questa lui mette il teatro: concentrazione, autoipnosi e respirazione, cercare la calma, liberar la parola e trovare se stessi. Cammina, respira, fermati e chiudi i tuoi occhi, e ’sta sedia qua sopra che ancor fa rumore, ma lasciamola stare, ha diritto anche lei, come il bimbo che piange (lo senti?) là in fondo alla sala, o la luce che rompe proprio qui en pleine poire; e non badare alla voce, che è quella che hai, ma mentre già ti prepari là nel tuo angolino, lavora il diaframma, riscalda e rilassa la glottide e assesta il respiro:

sta sta sta sta sta sta sta sta sta sta sta sta sta sta
pa pa pa pa pa pa pa pa pa pa pa pa pa pa
ta ca ta ca ta ca ta ca ta ca ta ca ta ca
pe te ko pe te ko pe te ko pe te ko pe te

E impara a parlare anche in una cannuccia ma se dolce è il tormento che che in seno mi sta, teit minusta sairaan per scioglier la voce, però agli scioglilingua oramai più non si arriva, ché il tempo è scaduto e bisogna fermarsi.

Si giunge alla fine di una bella giornata, che Jacqueline conclude invitando al rinfresco. E ancora una volta da Martina viziati si riparte in serata ben rifocillati: per finire in bellezza le festività si va tutti insieme ad ascoltare il poeta, con la sua traduttrice ch’è autrice anche lei dei testi in tedesco che in italiano lui scrive. Alla Literaturhaus giunti sfidando la brezza, pendiam dalle labbra di tre illustri oratori, Maja Pflug, Alberto Nessi e di nuovo Jacqueline Aerne, per capire la letteraria simbiosi tra Maja ed Alberto.

E così si compì la nona ricorrenza e si tornò chi a Losanna, chi a Berna o a Bellinzona, a Ginevra, Parigi, Basilea o a Lugano, o semplicemente si rimase in quel di Zurigo, ma di certo si uscì un po’ più accorti e istruiti.

Perdonate chi scrive per le sue mancanze, per le strambe parole e pensieri e omissioni, pel poco saldo costrutto e magari chissà, per qualche goffo salto dal palo alla frasca. Ma se quanto sopra s’è scritto gradito vi è stato, divulgatelo e in molti nel ’diciotto accorrete, che sarà già l’anno decimo; e se non v’è piaciuto tenetela, vi prego, per voi ma tornate comunque e non me ne vogliate, e sappiate che invero non s’è fatto apposta.

Walter Roselli

 

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